lunedì 21 ottobre 2013

Quarta di copertina della vedova nubile

PREFAZIONE ALLA VEDOVA NUBILE


PREFAZIONE

Fiuda Bagadia - La vedova nubile è il titolo che racchiude il senso di questo racconto di Antonio Giuseppe Abis. Vedova nubile è infatti un concetto particolarissimo e quasi ossimorico e per comprenderlo bisognerebbe esplorare quei territori sardi tanto cari all’autore. Il punto di partenza è infatti il sentimento e la lealtà delle donne. Anche in un tempo lontano, negli anni della guerra, non era solo il matrimonio a sancire la profondità e la perpetuità di un legame. Si poteva essere uniti e sposati anche nell’animo, le donne erano fedeli e devote ancor prima che venisse fatta loro la proposta ed è questo che rende la Sardegna una terra tanto ancestrale quanto dinamica e moderna.  Questa lealtà femminile, la totale dedizione  all’altro, è la caratteristica principale e la forza di Gaia, la protagonista del racconto. È quindi la forza della donne ciò che colpisce del romanzo, sono le donne a decidere, dominare e progettare. Non fragile vittima degli avvenimenti, ma è la donna-stratega al centro della narrazione. Tale ispirazione proviene da molto lontano, da un’antica grecità nella quale Penelope esprimeva la sua totale devozione all’amato non con i pianti e con l’inerzia, ma progettando e pianificando, difendendosi dai Proci con la famosa arte di disfare la tela. Proprio nella tela va ricercata un’altra importante tematica di Fiuda Bagadia. L’arte della tessitura rappresenta la capacità femminile di provvedere alle cure domestiche e nello stesso tempo la propensione delle donne all’intreccio e alla trama. Erano loro a tenere le fila degli avvenimenti, loro a costruire gli eventi e a rimaneggiarli. Il matriarcato sardo si evidenzia fin dalle prime righe del racconto, già dalla descrizione del rapporto tra Gaia e la madre, fino a raggiungere il complicatissimo rapporto che riguarda l’altro personaggio femminile della vicenda, la suocera di Gaia. Gli uomini erano sempre il tramite e mai la mente. L’uomo sapeva esprimere forza bruta e primordialità, come si può notare dall’analisi dalle figure dello sposo e del suocero della protagonista. La forza bruta maschile, che arrivava talvolta a sfociare nella più efferata violenza,  poteva spesso essere un modo per punire la raffinata arte della prevaricazione femminile. È da evidenziare infatti la capacità con cui un uomo riesca a essere l’autore di un romanzo nel quale vengono esplorate le doti femminili, emerge ancora l'attaccamento alla terra e alle donne del suo paese, maestre per lui di preziosi insegnamenti. Si racconta di luoghi in cui era la donna ad avere il ruolo centrale e decisionale ed è questo il filo conduttore della narrazione. L’arte femminile poteva essere espressa anche attraverso la negazione del perdono. È singolare infatti che in un contesto di spiritualità e vicinanza a Dio, si mediti vendetta e si serbi rancore; anche qui sembra quasi che Abis tragga ispirazione dalla grecità pagana, nella quale gli déi non conoscevano il perdono incondizionato ma sapevano finemente ordire trame e allestire il progetto di un sentimento di rancore. Sentimenti di rancore dominano luoghi come Arradeli, un paese che conserva le caratteristiche remote e mitizzate, ma che allo stesso tempo si colloca in una realistica primordialità di contatto con la terra. In luoghi come questo, non è inusuale ascoltare le fascinose narrazioni di un verismo-fiabesco, storie crudeli e inquietanti. Leggendo queste righe, sembrerà di riconnettersi alla cruda visceralità di quei luoghi, scandendo quelle frasi si avrà l’impressione di essere catapultati in un mondo costruito sulle leggende metropolitane, un mondo però terribilmente vero. Un mondo in cui vigono leggi rovesciate e sentimenti di tragedia. Ed è proprio con il canto tragico di un mondo edulcorato da riti celebrativi, scandito da avvenimenti drammatici e dalla poeticità lirica, che il romanzo trova il suo culmine, come a determinare la centralità della tragedia. Tutto ruota intorno alla tragicità e all’appassionato sentimento straziato delle donne, che non può che essere espresso attraverso i versi funebri delle prefiche.  
Margherita Abis