LE DOMESTICHE DI
GONNOSTRAMATZA
Nel 1920 mia
madre aveva 10 anni e si presentò da privatista ad Ales per
sostenere l'esame di licenza elementare.
Sua sorella
maggiore, Modestina, era già maestra e sapeva come muoversi per
farle frequentare la scuola ginnasiale, l'unica disponibile allora ad
Ales.
Mia madre
era troppo piccola per viaggiare tutti i giorni da sola e non
c'erano neanche mezzi di trasporto adeguati. Sua sorella decise
quindi di prepararla privatamente e farle sostenere gli esami alla
fine di ogni anno scolastico. Allora era una prassi consolidata per i
pochi studenti della nostra zona, proprio per la scarsità dei mezzi
di trasporto che collegavano i centri urbani.
Zia
Modestina fece arrivare da Cagliari i libri di testo e organizzarono
la preparazione privata come convenuto.Tutto funzionò alla
perfezione per i primi anni del ginnasio.
Alla vigilia
dell'esame della licenza la madre di mia mamma volle farle
interrompere gli studi per mandarla a Cagliari a fare la domestica.
Una vecchia compagna di scuola di zia Modestina, figlia di una
Marchesa, cercava una bambinaia e mia nonna, che conosceva quella
famiglia, viste le condizioni economiche precarie in cui versava a
causa della morte del marito, volle approfittarne anche per sistemare
la sua figlioletta.
Mia madre
partì senza batter ciglio e se da un lato era dispiaciuta per
l'interruzione degli studi, da un altro lato era contenta di andare a
lavorare presso una famiglia, che pure lei conosceva e poteva
contribuire contemporaneamente a rimpinguare le finanze di famiglia.
L'intento
era quello di riprendere gli studi in tempi migliori, tanto non c'era
fretta.
I tempi
migliori per riprendere gli studi non arrivarono mai e nella casa
della marchesa Giustiniani ci rimase dieci anni. I rapporti erano
diventati molto intimi, la figlia era amica di zia Modestina e
continuavano a frequentarsi, mia nonna andava a trovarla una volta al
mese. Volevano mangiare il pane fatto in casa e con la scusa di
andarglielo a portare mia nonna ne approfittava per vedere sua
figlia. Nel periodo di carnevale le facevano fare le zippole perché
quelle delle offelerie di Cagliari non erano così buone.
Quando mia
madre si fidanzò con mio padre, sua madre la fece licenziare per
farle apprendere, in famiglia, i mestieri della massaia sarda.
Macinare il grano e lavorare la farina per fare il pane, tessere e
accudire il bestiame domestico; erano cose semplici ma non si
potevano imparare se non si facevano direttamente e stando in città
non si potevano apprendere.
I due anni
prima del matrimonio li passò in casa di sua madre a fare la massaia
tramatzese ma tenne sempre i rappori con la famiglia della marchesa,
la invitarono persino al matrimonio della figlia, l'amica di zia
Modestina, che andò a vivere a Milano. La trattavano come una di
famiglia e quando la marchesa andò a trovare sua figlia a Milano, si
fece accompagnare da mia madre, sebbene non lavorasse più in casa
sua. Di quel viaggio mamma ne parlò per tutta la vita: nel 1934, per
una ragazza di Gonnostramatza, fare un viaggio a Milano non era cosa
comune, le fecero visitare Como e Venezia e tornò a casa con un
entusiasmo che non abbandonò mai. Quando mamma smise di lavorare per
la marchesa ci mandò una figlia di sua sorella e a casa della figlia
che si era stabilita a Milano ci mandò un'altra figlia della
sorella, e ci lavorò per 20 anni.
Fu proprio
quella nipote, Angiulina, che si era recata a Milano per rimanerci
qualche mese, ma poi ci rimase sessant'anni.
Dopo qualche
anno di faticoso lavoro si comprò la casa e potè ospitare tutte le
ragazze di Gonnostramatza che approdavano a Milano per cercare
lavoro.
Non solo
metteva a disposizione delle sue paesane la propria casa ma le
aiutava anche a cercare lavoro e a inserirle in una metropoli come
Milano. Era considerata la mamma di tutte le ragazze tramatzesi.
Anche le mie
sorelle quando vennero a Milano la prima volta approdarono a casa di
Angiulina e lei non solo le aveva ospitate in casa sua e aiutate a
trovare lavoro ma le aveva seguite passo passo tenendo i contatti con
le signore di riferimento, nello stesso tempo comunicava con mamma
per tranquillizzarla sulle figlie lontane da casa.
Dalla fine
degli anni '50 quasi tutte le ragazze del paese, finita la quinta
elementare, sotto la protezione di qualche parente o amica di
famiglia, emigravano nelle grosse città del continente.
In ogni
città importante c'era una persona di riferimento che aiutava le
ragazze ad inserirsi.
Proprio
negli anni del boom economico le ragazze che da anni lavoravano a
Cagliari si trasferirono in una delle grosse città del continente
per guadagnare di più.
In quel
periodo il punto fermo di riferimento a Milano, per le ragazze di
Gonnostranatza, era Angiulina: lei metteva a disposizione la sua casa
e cercava per loro una signora che le accogliesse come domestiche e
facesse per loro un po' da mamma.
Angiulina
poi comunicava con le famiglie telefonicamente, l'avviso di chiamata
avveniva attraverso il telefono pubblico di Giovino.
Angiulina, a
sua volta era in contatto anche con altre vecchie domestiche di altri
paesi della Sardegna, che riferivano per le ragazze dei loro paesi.
Angiulina era molto amica di una donna di Aritzo, sistemata a Milano,
nel periodo del dopoguerra. Una donna forte e battagliera che
interveniva presso le signore quando qualche ragazza veniva trattata
male o addirittura molestata: minacciava la signora di denuncia e di
escluderla dalla rete di distribuzione della maestranza sarda.
La domenica
pomeriggio, giornata di riposo delle domestiche, il ritrovo era in
piazza del duomo per tutti: si ritrovavano le paesane e le amiche, si
scambiavano le notizie ed eventuali desideri di cambiamento.
Angiulina cercava di accontentare tutti per il solo gusto di vedere
intorno a sé il popolo del suo paese, che le dava la sensazione di
non essere mai andata via dalla Sardegna.
L'appuntamento
fisso di ritrovo per tutte le domestiche e tutti gli emigrati di
Gonnostramatza era per la festa di San Michele: qualche giorno prima
arrivavano in famiglia ed il ritrovo per la processione e la messa
cantata era sacrosanto. All'uscita della chiesa “su ballu 'e
cresia”, al centro della piazza si sedeva zio Eugenio Tuveri,
fisarmonicista ceco, che con la sua fisarmonica intonava il suono
del suo ballo sardo “Mediana pippia”.
Tutte le
persone presenti, a braccetto, si disponevano su cerchi concentrici e
danzavano magicamente quel passo lento e solenne del ballo paesano.
Il priore organizzatore della festa si metteva al centro del cerchio
e con una canna dava dei colpetti sulle gambe delle persone per
allargare il giro e formare il ballo tondo. Quel passo di avanti e
indietro e spostamento in senso orario dava la possibilità a tutti
di incrociarsi con gli sguardi e salutarsi con un sorriso o cenno di
capo, dopo quella lunghissima e meravigliosa danza, lo scioglimento e
i saluti. Quelle ragazze che erano partite con ancora le trecce e le
gonne lunghe, ora, con i capelli corti, i vestiti all'ultima moda e
la borsetta, sembravano altre persone. Solo qualche anno prima, quel
cambiamento avrebbe suscitato scandalo. Quel portamento elegante e
composto, però, piaceva a tutti, anche alle vecchie nonne che
gurdavano incredule le giovani ragazze e commentavano dicendo:
“Depid'essi istrangia, no dda connoxu”.
Ricordo che
al mio rientro a casa dopo il ballo della chiesa, nel nostro vicinato
erano tutti fuori ad aspettare il passaggio delle ragazze per
salutarle prima del pranzo: “Belle ragazze” ripetevano tutti, “
Dio vi assista”.
Dopo circa
una settimana, quando le ragazze ripartivano, portavano con sé
qualche nuova ragazza, sorella, parente o solo amica di qualcuna, che
aveva terminato la quinta elementare ed era pronta ad incominciare il
lavoro col ruolo di bambinaia, solo dopo un po' di tempo si
diventava “serbidora” e poi ancora dopo, “serbidora
manna”.
Questi
passaggi avvenivano anche in tempi passati, quando le ragazze del
paese, dopo una breve esperienza presso i benestanti del posto,
andavano a Cagliari a “s'agodrai”.
Era rara in
paese la donna che non avesse fatto l'esperienza de “sa
zaracchia”.
Anche nonna
Margherita da Las Plassas,dove era nata, andò a Cagliari a fare la
bambinaia a soli nove anni. Raccontava che quando i bambini, prima di
dormire, si mettevano a piangere perchè volevano la mamma, piangeva
anche lei che voleva la sua.
Poi il
pianto passò, divenne serbidora manna e qualche anno prima di
sposarsi, serbidora manna presso i ricchi del suo paese per
imparare il mestiere di massaia sarda.
Un rito che
si ripeteva da secoli, lo stesso percorso lo aveva fatto anche la
mamma di mia nonna, un lavoro che responsabilizzava e insegnava il
controllo di se stesse. Quando una ragazza veniva affidata ad una
signora, sebbene conosciuta ed onesta, il destino di quella ragazza
era affidato solamente alla sua capacità di autodeterminazione che
la portava a diventare responsabile verso la padrona e verso se
stessa, quell'autodeterminazione che la faceva diventare alla fine
del percorso servile, serva padrona in casa d'altri e poi vera
padrona in casa sua.
IS SERBIDORAS DE
GONNATRAMATZA
In su 1920
mamma mia teniada dexi annus e si fudi presentada da privatista in
Abasa po sustenni s'esami di licenza elementari.
S sorri
manna sua. Modestina, fu giai maista e iscidiada cumenti si movi po
ddi fai frequentai s'iscola ginnasiali, s'unica disponibili, insaras
in Abasa.
Mamma mia
fudi troppu pitia insarasa po viaggiaia soba d-onnya die e non ci
fianta nimancu mezzus de trasportu adeguausu.
Sa sorri sua
iada decidiu insarasa de dda preparai privadamenti e a ddi fai
sustenni is esamis a sa fini de d-onnya annu iscolasticu. Insarasa
fudi una consuetudini po is pagus studentis de sa zona nosta, prpriu
po sa scarsidadi de is mezzus de trasportu ki colleganta is centrus
abitausu.
Ziedda
Modestina iada fattu arribai de Casteddu is librus ki serbianta e
ianta organizzau sa preparazioni privada cumenti ianta cumbeniu. Totu
fudi andau a sa perfezioni finzasa a sa quarta ginnasiali. A su
espuru de s'esami de quinta ginnasiali sa mamma de mamma mia ddiada
fattu interrompi is istudius po dda mandai a Casteddu a fai sa
serbidora.
Una
cumpangia beccia de iscolla de ziedda Modestina, filla de sa marchesa
Giustiniani fudi cikendi una bambinaia e nonna mia, ca conosciada
cussa famiglia, bidasa is condizionis economicas precarias aundi ci
fianta arrutus dopo sa motti de su pobiddu, indi obiada approfittai
po sistemai sa fillixedda.
Mamma fudi
partida senza ribatti cillu e si de una parti fudi dispraxia po ai
interrompiu is istudius, de un ateru fudi cuntenta de andai a
traballai un gussa famiglia ki issa puru conoxiada e podiada
contribuiri a risollevai is finanzas de sa famiglia.
S'intentu
fudi cussu de torrai a pigai is istudius in melus tempus, tanti
pressi non c'indi fiada.
Is melus
tempus po torrai a is istudius non fianta prus torraus e in domu de
sa Marchesa Giustiniani ddui fudi abarrada dexi annus. Is relazionis
fianta diventadas meda intimas, sa filla fudi amiga de ziedda
Modestina e si sighianta a frequentai, aiaia mia andada a dd'agattai
un' orta a su mesi.
Olianta
mandigari su pani tattu in domu e cun sa scusa de sinci ddu portai,
aiaia mia indi oaprofittada po biri a sa filla sua.
In tempus de
carrasegare ddi fadianta fai is azipuas poite ka cussas de is
ofelerias de Casteddu non fianta aci bellas.
Candiu mamma
si fudi fatta a isposa cun babbu, sa mamma dd'iada fatta licenziai da
sa meri po ddi fai imparai, in famiflia, is artis de sa massaia
sarda.
Mobi su
trigu e fai sa farra po fai su pani, tessiri e attendi is arresis de
domu, fianta cosas semplicis, ma non si podianta imparai ki no si
fadianta direttamenti e abarrendi in cittadi non si podianta imparai.
I dus annus
prima de si cojai ddus iada passaus in domu de sa mamma a imparai a
fai sa massaia tramatzesa ma sighiada a tenni relazioni cun sa
famiglia de sa Marchesa, dd'ianta invitada finzasa a sa coja de se
filla, s'amiga de ziedda Modestina, ki fudi andada a bivi a Milanu.
Dda trattanta cumenti a una de famiglia e candu sa Marchesa fudi
andada a visitai a sa filla a Milanu si fudi fatta accumpangiai da
mamma, mancai non fesseda prusu traballendi in cussa domu. De cussu
viaggiu mamma indiada kistionau totu sa vida: in su 1934 po una
picciocca de Gonnatramatza , fai unu viaggiu a Milanu non fiada una
cosa meda comuni, dd'ianta fattu visitai Comu e Venezia e fudi
torrada a domu cun d'unu entusiasmu ki non iada abbandonau mai. Candu
mamma non traballada prusu po cussa famiglia, c'iada mandau una filla
de sa sorri e a domu de sa filla ki si fudi stabilida a Milanu iada
mandau un'atera filla de sa sorri e ddu iada traballau 20 annus. Fu
propriu cussa netta Angiulina, ki fudi andada a Milano po traballai
cuncu mesi e ddui fudi abarrada sessanta annus.
Dopu cuncu
annu de traballu trumentau iada comprau sa domu e podiada ospitai
totu is piccioccas de Gonnadramatza ki aprobianta a Milanu po cicai
traballu. Non solu poniada a disposizioni de is paesanas suas sa
domu, ma dda s'agiudada puru a cicai traballu e a dda sa inseriri in
d'una cittadi manna cumenti a Milanu. Fudi considerada sa mamma de
totus is picciccas tramatzesas. Is sorris mias puru candu fianta
benidas a Milanu sa primu borta fianta aprobiadas a domu de Angiulina
e issa non solu dda s iada ospitadas in domu sua e agiudadas a cicai
traballu, ma ddas sighiada passu passu e teniada su cuntattu cun is
merisi de riferimentu e comunicada cun mamma po dda tranquillizzai de
is fillas atesu de domu.
Da sa fini
de is annus 50 casi totus is piccioccas de bidda, cumenti finianta sa
quinta elementari, asutta de sa protezioni de cuncu parenti o amiga
de famiglia, emigraianta in is cittadis mannas de continenti.
In d-onnya
cittadi importnti ci fiada una persona de riferimentu ki agiudada is
piccioccas a s'inseriri.
Propriu in
is annus de su sviluppu economicu is picciocas ki de annus
traballanta in Casteddu si fianta trasferidasa in d'una cittadi de
continenti po guadangiai de prusu.
In cussus
tempus su puntu de riferimentu a Milanu po is picciocas de
Gonnadramatza fudi Angiulina: issa poniada a disposizioni sa domu sua
e cicada po issasa una meri ki dda s'arricessada e ddi si fadessada
un pacheddu da mamma.Angiulina poi comunicada cun is famiglias
telefonicamenti: s'avvisu de izzerriada ddu fadiada a su telefunu
pubblicu de Giovinu.
Angiulina
da parti sua fudi in cuntattu cun atras serbidoras mannas de atra
biddas de sa Sardinia ki riferianta po is picciocas de sa bidda
insoru. Angiulina fudi meda amiga de una femmina de Aritzu sistemada
a Milanu , issa puru in su periudu de su pustis guerra. Una femmina
forti e battagliera ki interveniada cuntras is merisi candu calincuna
piccioca beniada trattada mali o addirittura molestada: minacciada is
meris de denuncia e da beni escludiasa da sa rete de distribuzioni de
sa maestranza sarda. Su domigu amerì, die libera po is serbidoras,
su rotrovu po totus fudi in sa pratza de su Duomu po totus: si
agatanta is paesanas e is amigas, si scambianta is notizias e is
eventualis disigius de cambiamentu. Angiulina cicada de accontentai a
totus po su solu gustu de biri accanta sua sa genti de sa bidda sua
ki ddi donada sa sensazioni de no s'incessi mai andada da sa
Sardinia.
S'appuntamentu
po totus is serbidoras e is emigrantis de Gonnatramatza fudi po sa
festa de Santu Michebi: cunqua die prima arribanta in famiglia e su
ritrovu po sa prucessioni e sa missa cantada fudi sacrosantu. A sa
bessida de cresia, “ su ballu 'e cresia”: in mesu de sa pratza si
sezziada tziu Eugeniu Tuveri fisarmonicista zurpu, ki cun sa
fisarminica sua intonada su sonu de su ballu sardu
“mediana
pippia”.
Totus is
personas presentis, a brazzettu, si ponianta in tundu a prus fileras
danzendi magicamenti cussu passu lentu e solenni de su ballu paesanu.
S'obreri organizzadori de sa festa si poniada in mesu de su ballu cun
d'una canna in manus e dda battiada a is cambas de is personas po
allargai su giru e formai su ballu tundu. Cussu passu de ananti e a
pabasa e girada a manu esta donada a totus sa possibilidadi de
incrcia sa castiada e si saludai cun d'unu sorrisu o un cinnu de
conca.
Dopu cussa
longa e meravigliosa danza, su scioglimentu e is saludus. Cussas
picciocas ki fianta partidas ca potanta ancora is pateddas e is
gunneddas longas, imoi cun is pius crutzus e is bistiris a s'urtima
moda e sa borsetta, parrianta atras personas. Sceti cuncu annu prima
cussu cambiamentu iadài fattu scandalu. Cussu portamentu eleganti e
cumpostu, parou, praxiada a totus, puru a is femminas beccias, ca
castianta spantadas is piccioccas giovanas e cumentanta narendi
“depid'essi istrangia no dda conoxu”. M'arragodu ca candu
torranta a domu apustis de su ballu de cresia, a sa intrada de su
bixinau nostu, is bixinus fianta totus in foras po aspettai candu
passanta is piccioccas de su bixianu, prima de su prangiu: “Bellas
piccioccas” , dicevano tutti:“Deus s'assistada”.
Dopu una
cidixedda, candu is piccioccas torranta a partiri, ingollianta cun
cussas cunqua picciocca noba, sorri, parenti e sceti amiga de
cuncuna, k'iada finiu sa quinta elementari e fudi pronta a inghizzai
su traballu cun su ruolu de bambinaia e sceti dopu unu pagheddu de
tempus si diventada “ serbidora “ e dopu ancora, “serbidora
manna”.
Custus
passaggius ci fianta puru in tempus passaus candu is piccioccas de
bidda dopu unu pagu de esperienza in domus de benestantis de sa
bidda, andanta a Casteddu a s'agodrai.
Fudi rara in
bidda sa femmia ki non essi fattu s'esperienza de sa zarakia.
Nonna
Margherita, ki no fudi mancu de Gonnadramatza, fudi andada a Casteddu
a fai sa bambinaia, ki teniada sceti noi annus: contada ca candu is
pippius , prima de si crocai, si ponianta a prangi ca obianta sa
mamma insoru, prangiada issa puru ca obiada a sa sua.
Poi su
prantu ddi fudi passau, fudi diventada serbidora manna e cuncu annu
prima de si cojai, serbidora manna in domu de genti arricca de sa
bidda sua po imparai a fai sa massaia sarda.
Unu ritu ki
si ripetiada da seculus, su stessu itinerariu dd'ia fattu puru sa
mamma de nonna mia, unu traballu ki responsabilizzada e imparada a a
tenni su controllu de issas a totu.
Candu una
picciocca beniada affidada a una meri, mancai cannottae onesta, su
destinu de cussa picciocca, fudi affidai solamenti a sa capacidadi de
si determinai da sé ki ci dda portada a diventai responsabili ananti
a is meris e ananti a issa e totu, cuss'autodeterminazioni ki dda
fadiada diventai a sa fini de su percorsu da sa zarakia, meri e
serbidora in domu alena e poi vera meri in domu sua
Antonio
Giuseppe Abis, Cusano Milanino 25 Aprile 2014