sabato 26 aprile 2014

LE DOMESTICHE DI GONNOSTRAMATZA

LE DOMESTICHE DI GONNOSTRAMATZA

Nel 1920 mia madre aveva 10 anni e si presentò da privatista ad Ales per sostenere l'esame di licenza elementare.
Sua sorella maggiore, Modestina, era già maestra e sapeva come muoversi per farle frequentare la scuola ginnasiale, l'unica disponibile allora ad Ales.
Mia madre era troppo piccola per viaggiare tutti i giorni da sola e non c'erano neanche mezzi di trasporto adeguati. Sua sorella decise quindi di prepararla privatamente e farle sostenere gli esami alla fine di ogni anno scolastico. Allora era una prassi consolidata per i pochi studenti della nostra zona, proprio per la scarsità dei mezzi di trasporto che collegavano i centri urbani.
Zia Modestina fece arrivare da Cagliari i libri di testo e organizzarono la preparazione privata come convenuto.Tutto funzionò alla perfezione per i primi anni del ginnasio.
Alla vigilia dell'esame della licenza la madre di mia mamma volle farle interrompere gli studi per mandarla a Cagliari a fare la domestica. Una vecchia compagna di scuola di zia Modestina, figlia di una Marchesa, cercava una bambinaia e mia nonna, che conosceva quella famiglia, viste le condizioni economiche precarie in cui versava a causa della morte del marito, volle approfittarne anche per sistemare la sua figlioletta.
Mia madre partì senza batter ciglio e se da un lato era dispiaciuta per l'interruzione degli studi, da un altro lato era contenta di andare a lavorare presso una famiglia, che pure lei conosceva e poteva contribuire contemporaneamente a rimpinguare le finanze di famiglia.
L'intento era quello di riprendere gli studi in tempi migliori, tanto non c'era fretta.
I tempi migliori per riprendere gli studi non arrivarono mai e nella casa della marchesa Giustiniani ci rimase dieci anni. I rapporti erano diventati molto intimi, la figlia era amica di zia Modestina e continuavano a frequentarsi, mia nonna andava a trovarla una volta al mese. Volevano mangiare il pane fatto in casa e con la scusa di andarglielo a portare mia nonna ne approfittava per vedere sua figlia. Nel periodo di carnevale le facevano fare le zippole perché quelle delle offelerie di Cagliari non erano così buone.
Quando mia madre si fidanzò con mio padre, sua madre la fece licenziare per farle apprendere, in famiglia, i mestieri della massaia sarda. Macinare il grano e lavorare la farina per fare il pane, tessere e accudire il bestiame domestico; erano cose semplici ma non si potevano imparare se non si facevano direttamente e stando in città non si potevano apprendere.
I due anni prima del matrimonio li passò in casa di sua madre a fare la massaia tramatzese ma tenne sempre i rappori con la famiglia della marchesa, la invitarono persino al matrimonio della figlia, l'amica di zia Modestina, che andò a vivere a Milano. La trattavano come una di famiglia e quando la marchesa andò a trovare sua figlia a Milano, si fece accompagnare da mia madre, sebbene non lavorasse più in casa sua. Di quel viaggio mamma ne parlò per tutta la vita: nel 1934, per una ragazza di Gonnostramatza, fare un viaggio a Milano non era cosa comune, le fecero visitare Como e Venezia e tornò a casa con un entusiasmo che non abbandonò mai. Quando mamma smise di lavorare per la marchesa ci mandò una figlia di sua sorella e a casa della figlia che si era stabilita a Milano ci mandò un'altra figlia della sorella, e ci lavorò per 20 anni.
Fu proprio quella nipote, Angiulina, che si era recata a Milano per rimanerci qualche mese, ma poi ci rimase sessant'anni.
Dopo qualche anno di faticoso lavoro si comprò la casa e potè ospitare tutte le ragazze di Gonnostramatza che approdavano a Milano per cercare lavoro.
Non solo metteva a disposizione delle sue paesane la propria casa ma le aiutava anche a cercare lavoro e a inserirle in una metropoli come Milano. Era considerata la mamma di tutte le ragazze tramatzesi.
Anche le mie sorelle quando vennero a Milano la prima volta approdarono a casa di Angiulina e lei non solo le aveva ospitate in casa sua e aiutate a trovare lavoro ma le aveva seguite passo passo tenendo i contatti con le signore di riferimento, nello stesso tempo comunicava con mamma per tranquillizzarla sulle figlie lontane da casa.
Dalla fine degli anni '50 quasi tutte le ragazze del paese, finita la quinta elementare, sotto la protezione di qualche parente o amica di famiglia, emigravano nelle grosse città del continente.
In ogni città importante c'era una persona di riferimento che aiutava le ragazze ad inserirsi.
Proprio negli anni del boom economico le ragazze che da anni lavoravano a Cagliari si trasferirono in una delle grosse città del continente per guadagnare di più.
In quel periodo il punto fermo di riferimento a Milano, per le ragazze di Gonnostranatza, era Angiulina: lei metteva a disposizione la sua casa e cercava per loro una signora che le accogliesse come domestiche e facesse per loro un po' da mamma.
Angiulina poi comunicava con le famiglie telefonicamente, l'avviso di chiamata avveniva attraverso il telefono pubblico di Giovino.
Angiulina, a sua volta era in contatto anche con altre vecchie domestiche di altri paesi della Sardegna, che riferivano per le ragazze dei loro paesi. Angiulina era molto amica di una donna di Aritzo, sistemata a Milano, nel periodo del dopoguerra. Una donna forte e battagliera che interveniva presso le signore quando qualche ragazza veniva trattata male o addirittura molestata: minacciava la signora di denuncia e di escluderla dalla rete di distribuzione della maestranza sarda.
La domenica pomeriggio, giornata di riposo delle domestiche, il ritrovo era in piazza del duomo per tutti: si ritrovavano le paesane e le amiche, si scambiavano le notizie ed eventuali desideri di cambiamento. Angiulina cercava di accontentare tutti per il solo gusto di vedere intorno a sé il popolo del suo paese, che le dava la sensazione di non essere mai andata via dalla Sardegna.
L'appuntamento fisso di ritrovo per tutte le domestiche e tutti gli emigrati di Gonnostramatza era per la festa di San Michele: qualche giorno prima arrivavano in famiglia ed il ritrovo per la processione e la messa cantata era sacrosanto. All'uscita della chiesa “su ballu 'e cresia”, al centro della piazza si sedeva zio Eugenio Tuveri, fisarmonicista ceco, che con la sua fisarmonica intonava il suono del suo ballo sardo “Mediana pippia”.
Tutte le persone presenti, a braccetto, si disponevano su cerchi concentrici e danzavano magicamente quel passo lento e solenne del ballo paesano. Il priore organizzatore della festa si metteva al centro del cerchio e con una canna dava dei colpetti sulle gambe delle persone per allargare il giro e formare il ballo tondo. Quel passo di avanti e indietro e spostamento in senso orario dava la possibilità a tutti di incrociarsi con gli sguardi e salutarsi con un sorriso o cenno di capo, dopo quella lunghissima e meravigliosa danza, lo scioglimento e i saluti. Quelle ragazze che erano partite con ancora le trecce e le gonne lunghe, ora, con i capelli corti, i vestiti all'ultima moda e la borsetta, sembravano altre persone. Solo qualche anno prima, quel cambiamento avrebbe suscitato scandalo. Quel portamento elegante e composto, però, piaceva a tutti, anche alle vecchie nonne che gurdavano incredule le giovani ragazze e commentavano dicendo: “Depid'essi istrangia, no dda connoxu”.
Ricordo che al mio rientro a casa dopo il ballo della chiesa, nel nostro vicinato erano tutti fuori ad aspettare il passaggio delle ragazze per salutarle prima del pranzo: “Belle ragazze” ripetevano tutti, “ Dio vi assista”.
Dopo circa una settimana, quando le ragazze ripartivano, portavano con sé qualche nuova ragazza, sorella, parente o solo amica di qualcuna, che aveva terminato la quinta elementare ed era pronta ad incominciare il lavoro col ruolo di bambinaia, solo dopo un po' di tempo si diventava “serbidora” e poi ancora dopo, “serbidora manna”.
Questi passaggi avvenivano anche in tempi passati, quando le ragazze del paese, dopo una breve esperienza presso i benestanti del posto, andavano a Cagliari a “s'agodrai”.
Era rara in paese la donna che non avesse fatto l'esperienza de “sa zaracchia”.
Anche nonna Margherita da Las Plassas,dove era nata, andò a Cagliari a fare la bambinaia a soli nove anni. Raccontava che quando i bambini, prima di dormire, si mettevano a piangere perchè volevano la mamma, piangeva anche lei che voleva la sua.
Poi il pianto passò, divenne serbidora manna e qualche anno prima di sposarsi, serbidora manna presso i ricchi del suo paese per imparare il mestiere di massaia sarda.
Un rito che si ripeteva da secoli, lo stesso percorso lo aveva fatto anche la mamma di mia nonna, un lavoro che responsabilizzava e insegnava il controllo di se stesse. Quando una ragazza veniva affidata ad una signora, sebbene conosciuta ed onesta, il destino di quella ragazza era affidato solamente alla sua capacità di autodeterminazione che la portava a diventare responsabile verso la padrona e verso se stessa, quell'autodeterminazione che la faceva diventare alla fine del percorso servile, serva padrona in casa d'altri e poi vera padrona in casa sua.







IS SERBIDORAS DE GONNATRAMATZA

In su 1920 mamma mia teniada dexi annus e si fudi presentada da privatista in Abasa po sustenni s'esami di licenza elementari.
S sorri manna sua. Modestina, fu giai maista e iscidiada cumenti si movi po ddi fai frequentai s'iscola ginnasiali, s'unica disponibili, insaras in Abasa.
Mamma mia fudi troppu pitia insarasa po viaggiaia soba d-onnya die e non ci fianta nimancu mezzus de trasportu adeguausu.
Sa sorri sua iada decidiu insarasa de dda preparai privadamenti e a ddi fai sustenni is esamis a sa fini de d-onnya annu iscolasticu. Insarasa fudi una consuetudini po is pagus studentis de sa zona nosta, prpriu po sa scarsidadi de is mezzus de trasportu ki colleganta is centrus abitausu.
Ziedda Modestina iada fattu arribai de Casteddu is librus ki serbianta e ianta organizzau sa preparazioni privada cumenti ianta cumbeniu. Totu fudi andau a sa perfezioni finzasa a sa quarta ginnasiali. A su espuru de s'esami de quinta ginnasiali sa mamma de mamma mia ddiada fattu interrompi is istudius po dda mandai a Casteddu a fai sa serbidora.
Una cumpangia beccia de iscolla de ziedda Modestina, filla de sa marchesa Giustiniani fudi cikendi una bambinaia e nonna mia, ca conosciada cussa famiglia, bidasa is condizionis economicas precarias aundi ci fianta arrutus dopo sa motti de su pobiddu, indi obiada approfittai po sistemai sa fillixedda.
Mamma fudi partida senza ribatti cillu e si de una parti fudi dispraxia po ai interrompiu is istudius, de un ateru fudi cuntenta de andai a traballai un gussa famiglia ki issa puru conoxiada e podiada contribuiri a risollevai is finanzas de sa famiglia.
S'intentu fudi cussu de torrai a pigai is istudius in melus tempus, tanti pressi non c'indi fiada.
Is melus tempus po torrai a is istudius non fianta prus torraus e in domu de sa Marchesa Giustiniani ddui fudi abarrada dexi annus. Is relazionis fianta diventadas meda intimas, sa filla fudi amiga de ziedda Modestina e si sighianta a frequentai, aiaia mia andada a dd'agattai un' orta a su mesi.
Olianta mandigari su pani tattu in domu e cun sa scusa de sinci ddu portai, aiaia mia indi oaprofittada po biri a sa filla sua.
In tempus de carrasegare ddi fadianta fai is azipuas poite ka cussas de is ofelerias de Casteddu non fianta aci bellas.
Candiu mamma si fudi fatta a isposa cun babbu, sa mamma dd'iada fatta licenziai da sa meri po ddi fai imparai, in famiflia, is artis de sa massaia sarda.
Mobi su trigu e fai sa farra po fai su pani, tessiri e attendi is arresis de domu, fianta cosas semplicis, ma non si podianta imparai ki no si fadianta direttamenti e abarrendi in cittadi non si podianta imparai.
I dus annus prima de si cojai ddus iada passaus in domu de sa mamma a imparai a fai sa massaia tramatzesa ma sighiada a tenni relazioni cun sa famiglia de sa Marchesa, dd'ianta invitada finzasa a sa coja de se filla, s'amiga de ziedda Modestina, ki fudi andada a bivi a Milanu. Dda trattanta cumenti a una de famiglia e candu sa Marchesa fudi andada a visitai a sa filla a Milanu si fudi fatta accumpangiai da mamma, mancai non fesseda prusu traballendi in cussa domu. De cussu viaggiu mamma indiada kistionau totu sa vida: in su 1934 po una picciocca de Gonnatramatza , fai unu viaggiu a Milanu non fiada una cosa meda comuni, dd'ianta fattu visitai Comu e Venezia e fudi torrada a domu cun d'unu entusiasmu ki non iada abbandonau mai. Candu mamma non traballada prusu po cussa famiglia, c'iada mandau una filla de sa sorri e a domu de sa filla ki si fudi stabilida a Milanu iada mandau un'atera filla de sa sorri e ddu iada traballau 20 annus. Fu propriu cussa netta Angiulina, ki fudi andada a Milano po traballai cuncu mesi e ddui fudi abarrada sessanta annus.
Dopu cuncu annu de traballu trumentau iada comprau sa domu e podiada ospitai totu is piccioccas de Gonnadramatza ki aprobianta a Milanu po cicai traballu. Non solu poniada a disposizioni de is paesanas suas sa domu, ma dda s'agiudada puru a cicai traballu e a dda sa inseriri in d'una cittadi manna cumenti a Milanu. Fudi considerada sa mamma de totus is picciccas tramatzesas. Is sorris mias puru candu fianta benidas a Milanu sa primu borta fianta aprobiadas a domu de Angiulina e issa non solu dda s iada ospitadas in domu sua e agiudadas a cicai traballu, ma ddas sighiada passu passu e teniada su cuntattu cun is merisi de riferimentu e comunicada cun mamma po dda tranquillizzai de is fillas atesu de domu.
Da sa fini de is annus 50 casi totus is piccioccas de bidda, cumenti finianta sa quinta elementari, asutta de sa protezioni de cuncu parenti o amiga de famiglia, emigraianta in is cittadis mannas de continenti.
In d-onnya cittadi importnti ci fiada una persona de riferimentu ki agiudada is piccioccas a s'inseriri.
Propriu in is annus de su sviluppu economicu is picciocas ki de annus traballanta in Casteddu si fianta trasferidasa in d'una cittadi de continenti po guadangiai de prusu.
In cussus tempus su puntu de riferimentu a Milanu po is picciocas de Gonnadramatza fudi Angiulina: issa poniada a disposizioni sa domu sua e cicada po issasa una meri ki dda s'arricessada e ddi si fadessada un pacheddu da mamma.Angiulina poi comunicada cun is famiglias telefonicamenti: s'avvisu de izzerriada ddu fadiada a su telefunu pubblicu de Giovinu.
Angiulina da parti sua fudi in cuntattu cun atras serbidoras mannas de atra biddas de sa Sardinia ki riferianta po is picciocas de sa bidda insoru. Angiulina fudi meda amiga de una femmina de Aritzu sistemada a Milanu , issa puru in su periudu de su pustis guerra. Una femmina forti e battagliera ki interveniada cuntras is merisi candu calincuna piccioca beniada trattada mali o addirittura molestada: minacciada is meris de denuncia e da beni escludiasa da sa rete de distribuzioni de sa maestranza sarda. Su domigu amerì, die libera po is serbidoras, su rotrovu po totus fudi in sa pratza de su Duomu po totus: si agatanta is paesanas e is amigas, si scambianta is notizias e is eventualis disigius de cambiamentu. Angiulina cicada de accontentai a totus po su solu gustu de biri accanta sua sa genti de sa bidda sua ki ddi donada sa sensazioni de no s'incessi mai andada da sa Sardinia.
S'appuntamentu po totus is serbidoras e is emigrantis de Gonnatramatza fudi po sa festa de Santu Michebi: cunqua die prima arribanta in famiglia e su ritrovu po sa prucessioni e sa missa cantada fudi sacrosantu. A sa bessida de cresia, “ su ballu 'e cresia”: in mesu de sa pratza si sezziada tziu Eugeniu Tuveri fisarmonicista zurpu, ki cun sa fisarminica sua intonada su sonu de su ballu sardu
mediana pippia”.
Totus is personas presentis, a brazzettu, si ponianta in tundu a prus fileras danzendi magicamenti cussu passu lentu e solenni de su ballu paesanu. S'obreri organizzadori de sa festa si poniada in mesu de su ballu cun d'una canna in manus e dda battiada a is cambas de is personas po allargai su giru e formai su ballu tundu. Cussu passu de ananti e a pabasa e girada a manu esta donada a totus sa possibilidadi de incrcia sa castiada e si saludai cun d'unu sorrisu o un cinnu de conca.
Dopu cussa longa e meravigliosa danza, su scioglimentu e is saludus. Cussas picciocas ki fianta partidas ca potanta ancora is pateddas e is gunneddas longas, imoi cun is pius crutzus e is bistiris a s'urtima moda e sa borsetta, parrianta atras personas. Sceti cuncu annu prima cussu cambiamentu iadài fattu scandalu. Cussu portamentu eleganti e cumpostu, parou, praxiada a totus, puru a is femminas beccias, ca castianta spantadas is piccioccas giovanas e cumentanta narendi “depid'essi istrangia no dda conoxu”. M'arragodu ca candu torranta a domu apustis de su ballu de cresia, a sa intrada de su bixinau nostu, is bixinus fianta totus in foras po aspettai candu passanta is piccioccas de su bixianu, prima de su prangiu: “Bellas piccioccas” , dicevano tutti:“Deus s'assistada”.
Dopu una cidixedda, candu is piccioccas torranta a partiri, ingollianta cun cussas cunqua picciocca noba, sorri, parenti e sceti amiga de cuncuna, k'iada finiu sa quinta elementari e fudi pronta a inghizzai su traballu cun su ruolu de bambinaia e sceti dopu unu pagheddu de tempus si diventada “ serbidora “ e dopu ancora, “serbidora manna”.
Custus passaggius ci fianta puru in tempus passaus candu is piccioccas de bidda dopu unu pagu de esperienza in domus de benestantis de sa bidda, andanta a Casteddu a s'agodrai.
Fudi rara in bidda sa femmia ki non essi fattu s'esperienza de sa zarakia.
Nonna Margherita, ki no fudi mancu de Gonnadramatza, fudi andada a Casteddu a fai sa bambinaia, ki teniada sceti noi annus: contada ca candu is pippius , prima de si crocai, si ponianta a prangi ca obianta sa mamma insoru, prangiada issa puru ca obiada a sa sua.
Poi su prantu ddi fudi passau, fudi diventada serbidora manna e cuncu annu prima de si cojai, serbidora manna in domu de genti arricca de sa bidda sua po imparai a fai sa massaia sarda.
Unu ritu ki si ripetiada da seculus, su stessu itinerariu dd'ia fattu puru sa mamma de nonna mia, unu traballu ki responsabilizzada e imparada a a tenni su controllu de issas a totu.
Candu una picciocca beniada affidada a una meri, mancai cannottae onesta, su destinu de cussa picciocca, fudi affidai solamenti a sa capacidadi de si determinai da sé ki ci dda portada a diventai responsabili ananti a is meris e ananti a issa e totu, cuss'autodeterminazioni ki dda fadiada diventai a sa fini de su percorsu da sa zarakia, meri e serbidora in domu alena e poi vera meri in domu sua


Antonio Giuseppe Abis, Cusano Milanino 25 Aprile 2014