sabato 9 novembre 2013

Commento a La vedova Nubile


Caro Beppe,
ai nostri figli e più ancora ai nostri nipoti dell'era digitale, al nuovo che avanza con i nuovi codici di linguaggio e di vita individuale e sociale immessi nel quotidiano flusso contemporaneo, la tua ansia profonda di raccogliere, recuperare e allungare la memoria perchè si sappia e non si dimentichi chi eravamo, che cosa eravamo appena 60 anni addietro, è il vero compito della letteratura, il tuo lascito.
Nel tuo procedere appassionato di ricerca non si avverte contrapposizione ma, direi quasi una illuminante meditazione sul passato che si fa fatica, oggi, perfino ad immaginare, con i suoi linguaggi i suoi segni, le sue voci, i suoi canti, le analisi dei suoi vissuti, un'interiore accordatura generazionale che tende soltanto all'affermazione dell'essere, soprattutto nella dimensione femminile.
Estranei al tuo vocabolario le attuali “ crisi, austeriti, depressione, precariato, spread, perchè tu segnali che la vita è la vita che esige pezzi di scarto, che intesse passioni divoranti che nessun psicologo può curare, perchè la vita anche senza il sostegno del welfar non si fa travolgere perfino quando si presenta più feroce della morte.
Le tue eroine sono sempre le donne, mamme e figlie, anche se diversamente ferite, custodiscono inalterato il naturale amore per la vita, per i bambini anche se non nati e le accidentali e inattese nascite o morti sono raggi di luce o tenebre oscure che scombinano gli equilibri faticosamente raggiunti, facendo emergere rancori primordiali, indegnità vituperevoli, amarezze incurabili.
Le macerie della guerra e lo spirito della ricostruzione tzia Costantina e Gaia Fatteri le reggono bene sulle loro spalle, non siamo ancora nel mondo delle sartine e delle macchine da cucire ma alla sapienza della manifattura, alle maestre tessitrici, alle grandi interpreti di una cultura artigianale millenaria che colleziona permanentemente prodotti rari ed eccezionali la cui differenza nei dettagli creativi e cromatici segna l'orgoglio e la biografia vivente di ogni lembo di terra.
Le due donne escluse dal censorio codice di vita sociale, si autoproteggono con il loro talento, con l'umanesimo del lavoro, non si lasciano vivere, ma vivono nell'inesauribile voglia di un cambiamento che si attagli al loro abito mentale.
Sono le protofemministe sarde che non inseguono facili scorciatoie sottoposte solo all'antica virtù dell'austerità e sobrietà, Sono la variabile umana che sa di valere, che riflette inconsapevolmente la visione di vita della morale di kant “chi sa fa verme non può poi lamentarsi di essere calpestato”.
Sfugge loro
la catarsi finale e un bradisismo emotivo coglie ogni lettore chino sulle frustate a sangue di quel balordo prepotente che chiude il respiro di una vita che prepotentemente insegue ad occhi aperti sogni per sé e per il proprio figlio.
Anche il lamento funebre non aiuta a disperdere le note dolenti della perdita sostanziale di una memoria che si incarna nell'orgogliosa identità etnica della propria terra, della tua terra, che da trapiantato in terra lombarda, senti più viva in te, ne custodisci il respiro umanissimo e tragico e l'avvolgi di filiale comprensione.
Maria Calzi Germinario

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